venerdì 11 marzo 2016

Recensione The hateful eight: la politica nell'inferno bianco di Quentin Tarantino


Invece di approfittare della bella giornata si va al cinema alle 16:00!

"Il motivo è che The Hateful Eight prende l’America, la butta giù dal letto nel cuore della notte, la mette davanti a uno specchio in mutande, spettinata e senza trucco e le dice: “Guardati come sei, bagascia!”. E questo la Hollywood bene lo trova molto sconveniente.

(Da una recensione più autorevole. Molto più di quella che vi apprestate a leggere).

Passato questo mese tra l'onda d'entusiasmo generale; la settimana da allettato e le castronerie lette nell'internette mi pronuncio ora e finalmente sulla pellicola che attendevo di più (assieme alla già citata Anomalisa che invano aspetto ancora).



Sabato 6 febbraio mi sono subito fiondato al multisala per guardare l'ottava pellicola di Messere Quentin, tra quelli che mi hanno avvicinato alla settima arte, con un trasporto che ancora oggi non saprei rendervi bene l'idea.
Ogni volta che sento udire "nuovo film di Q.T.", proprio non reggo; l'attesa si fa spasmodica, le gambe cominciano a cedere, il cuore sempre più appesantito perché esausto per i numerosi battiti.



Ecco: il suo ottavo film rappresenta tutta la sana passione che venera per il cinema e per il western, un medium e un genere che sempre alimentano la visione del mondo di Quentin.
In questo lavoro intavola principalmente un discorso sulla società e sulla politica a stelle e strisce (vedi la divisione della locanda di Minnie da parte del personaggio interpretato da Tim Roth).
Il commento sonoro del Premio Oscar Ennio Morricone amplifica ulteriormente il dramma e l'azione.

La sceneggiatura-fiume è circolare: non si riesce a perdere una battuta (neanche per sbaglio) della prima parte del film (barbaramente definita "noiosa" e/o "inutile") perché poi tutto tornerà nella seconda.
La struttura temporale ricorda Pulp Fiction, mentre l'ambientazione Le iene come è stato notato sin da subito. Ed è proprio in un luogo chiuso che un abile narratore si fa valere per la sua scrittura molte volte. Otto personaggi che non puoi proprio sopportare. Tutti contro tutti.
La premessa di una storia che oscilla tra il cinema western e il giallo puro.
Ci si accinge ad assistere a questo scontro fisico ed intellettuale, proprio come se si stesse fisicamente in loco.
Da non trascurare l'elemento comico che caratterizza la prima frazione, si ride più e più volte: tra slapstick funzionale e dialoghi che sono un toccasana per chi ama la scrittura creativa.
Va aggiunto l'artificio del narratore che racconta quanto successo nella prima parte di film, prima che parta la seconda. Ricordando dunque allo spettatore il punto in cui si erano lasciati.



La regia (più certosina) aiuta tantissimo alla ricostruzione delle vicende cosiddette "lente" o con degli interrogativi, riprendendo dettagli che torneranno a galla quanto prima. Tutte le domande avranno la loro risposta.
Il tono cambia radicalmente, perché il plot twist mischia le carte, sbeffeggia sonoramente lo spettatore per via dell'imprevedibilità e per l'irruente violenza che scatenerà un effetto domino.
Le performance attoriali che spiccano più di tutte? Un Samuel Jackson che si porta a casa un'altra prestazione da aggiungere alla parola "memorabile": un sergente Warren Marquis che come Jules Winnfield si fa valere con un senso di giustizia poco ortodosso; specie se si ritrova davanti con delle teste vuote: come quelle dei sudisti super orgogliosi della propria patria. E per giunta razzisti!
La scena che mi ha inquietato ed estasiato di più? "Il palo nero" vi ricorda niente, eh?
Lì c'è tutta la tensione, aumentata con le musiche che sono una goduria per i padiglioni auricolari.
The hateful eight è il più intimista. Tra i quattro lavori meglio riusciti del regista proveniente da Knoxville. Senz'altro.
Dimenticatevi del pirotecnico Django Unchained, più un film di pancia, e pure di tecnica, certamente.
Nell'ultimo si arriva al finale gonfi di stupore e commossi, perché privilegiati di aver assistito ad una messa in scena più vicina al teatro.

Ho ponderato più del previsto per un commento, onde evitare un giudizio affrettato su questo lavoro.

Pure per far venire dei brucianti sensi di colpa a chi non s'è recato al cinema per dei semplici pregiudizi e per sentito dire.


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