venerdì 26 gennaio 2018

La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead (Recensione, edizioni Sur 2017)




Buia e ardua è la strada
Lungo la quale viaggia il pellegrino;
Ma oltre questa valle di tristezza
Giacciono i campi dei giorni infiniti

Buia e ardua è la strada
Harriet Tubman


Tra il 1810 e il 1850 la Underground Railroad ebbe un forte incremento di fuggiaschi neri aiutati dagli abolizionisti; gli unici bianchi a portare avanti la causa anti-razzista nell'America del XIX secolo. Il treno segreto permetteva agli afroamericani la fuga dal sud per raggiungere tutti gli stati del nord che promettevano serenità e un avvenire per i propri figli, lontani dalle persecuzioni, dai campi di cotone e dal bieco razzismo dilagante.
Molti dei documenti legati al progetto ferroviario vennero sequestrati se non eliminati.


La storica rete è protagonista nell'ultimo romanzo di Colson Whitehead, il più recente vincitore del National Book Award e (non contento anche) del Premio Pulitzer 2017.
Lo scrittore statunistense era stato più volte in lizza per il National Book Award, anche con John Henry Festival, da poco ristampato sempre dai tipi di SUR. Nel 2018 troverà spazio sui nostri scaffali anche Apex nasconde il dolore.
Cora è una giovane schiava che lavora nella piantagione dei Randall, i cui padroni corrispondono ai nomi dei fratelli Terrence e James.
La madre della protagonista è l'unica a essere scappata dalla prevaricazione bianca. La figlia vuole tentare il successo ottenuto dalla sua genitrice.
Decisa chiama in causa il suo amico Caesar per vivere un viaggio a livelli intensissimi e verso lidi migliori. I due assisteranno a bordo del treno a una America rurale e radicata nel più becero folklore, forte di quella cultura dominante che vede sempre il più debole perché “diverso” come capro espiatorio di turno. Per niente attuale come situazione nell'era di Trump a capo della Casa Bianca.
Nei campi di cotone la violenza si abbatte sulla schiena dei braccianti a suon di frustate e di punizioni umilianti; Whitehead mette da parte le reazioni e le parole per calare il lettore in quello che è un inferno fatto e finito sulla terra. Pochissimi sono i dialoghi, lasciando spazio alle descrizioni e alle inquietudini che i personaggi provano sulla propria pelle.
Le sofferenze che Cora assiste si fanno sempre più acute, queste dettate da un'ignoranza che di base non trova il confronto, ma che agisce brutalmente sugli ultimi recitando – il più delle volte – versi della Bibbia. Come abbiamo visto accadere in una scena magistrale di Django Unchained.



Mi chiamo Solomon Northup, sono un uomo libero e non avete alcun diritto di imprigionarmi!



Qualche anno prima Steve McQueen legge – su suggerimento della moglie - e si appassiona alla biografia di Solomon Northup: violinista e uomo libero, come afferma a più riprese nel film Premio Oscar 12 anni schiavo, che poi ne trarrà il regista di Hunger e Shame.
Un documento prezioso risalente agli anni de La ferrovia sotterranea che in pellicola rende tutta la sofferenza di uno schiavo, tratto in inganno con una falsa proposta di suonare al circo sotto un ricco compenso.
Attorno a Solomon (interpretato da un memorabile Chiwetel Ejofor) soffrono tante altre vite, schiavizzate e tenute lontane dalla società da tempo immemore. Con lo scorrere dei dodici anni – qui si vede tutta la maestria narrativa nel comprimerli tutti e non farli pesare – il musicista ai piedi dei padroni farà la conoscenza di alcune persone, tentando con tutte le forze di non cedere alla disperazione e di tenere viva la memoria dei suoi cari, ignari di ciò che sta accadendo a un uomo libero. 
Un uomo che non a caso si iscrisse al movimento abolizionista subito dopo la sua liberazione, e contribuì alla fuga di moltissimi schiavi per mezzo della ferrovia sotterranea.
Tuttavia rimangono sconosciute le cause della sua morte e gli ultimi anni di vita.

Voto:

Boogie Wonderland: ci si diverte sul serio... e non solo.

(in alto sulla destra la griglia di valutazione)

Colson Whitehead
, proprio come Steve McQueen, si fa carico di un evento storico essenziale, una pagina intrisa dal sangue e dalle lacrime degli schiavi; dove non manca però quella viva speranza, utile nel far parlare chi si è lasciato veramente tutto alle spalle e ha raggiunto la sua terra promessa.



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